Introduzione
Selezionare le persone giuste è una delle sfide più complesse e strategiche per qualsiasi organizzazione. Eppure, anche chi ha esperienza in ambito HR può talvolta cadere in errori che compromettono il successo dell’inserimento della persona e la crescita aziendale.
La selezione non dovrebbe mai essere vista come un semplice atto operativo, ma come una scelta a medio-lungo termine che impatta direttamente su cultura, performance e coesione interna del team.
Una selezione gestita senza visione e senza attenzione a questi aspetti può generare solo costi aggiuntivi: dall’uscita precoce della persona durante il periodo di prova, fino all’aumento del turnover interno e alla demotivazione del team. Ma quali sono gli errori, talvolta inconsapevoli, più frequenti?
1. Valutare più la “simpatia” che la competenza, ignorando i bias inconsci
Il “bias dell’affinità” è uno degli errori più comuni e pericolosi: si tende a preferire i candidati con cui si crea subito empatia o che ci somigliano, piuttosto che concentrarsi sulle reali competenze richieste dal ruolo. Allo stesso modo, la lettura dei curriculum può essere influenzata da pregiudizi inconsci, come l’età, la foto, il nome o la provenienza geografica, che distolgono l’attenzione da ciò che davvero conta per il successo nel ruolo.
Perché è un errore:
La selezione basata sulla simpatia e su giudizi inconsci porta a scelte non oggettive e rischia di scartare profili validi per motivi irrilevanti. I bias nella lettura del CV (come i pregiudizi estetici o anagrafici) limitano la diversità e riducono la possibilità di attrarre talenti davvero adatti al ruolo. In questi casi si basa il processo di selezione su percezioni soggettive e non su competenze concrete.
Alcuni esempi comuni di bias:
- Bias estetico: giudicare in base allo standing.
- Bias anagrafico: dare per scontato che un candidato “più maturo” non sia aggiornato, costi troppo o che un giovane sia meno esperto.
- Bias di background: preferire sempre i soliti atenei o le solite aziende.
Possibili alternative:
- Leggere i CV in modalità “blind” (senza foto, età, ecc.).
- Usare griglie di valutazione oggettive già in fase di screening.
Essere consapevoli dei propri automatismi per evitare che i bias influenzino il giudizio. Fermarsi a riflettere un po’ più a lungo non compromette il processo di selezione, al contrario rende in grado di porsi le giuste domande e ragionare su possibili influenze.
2. Non avere chiari i bisogni aziendali
Senza una job description precisa e un’analisi concreta del fabbisogno interno si rischia di cercare profili vaghi, non allineati alle reali esigenze, o di cambiare idea più volte durante una selezione rispetto alle competenze cercate. Un buon processo di selezione parte sempre da una domanda ben definita ed una visione chiara del futuro della funzione in cui la persona verrà inserita.
3. Colloqui non strutturati: il rischio di decidere “a sensazione”
Improvvisare i colloqui o condurli in modo informale e destrutturato porta spesso a valutazioni incoerenti, soggettive e difficilmente confrontabili tra i candidati. I colloqui non strutturati sono anche più esposti, come dicevamo, al rischio di bias cognitivi e preferenze personali, riducendo l’affidabilità del processo.
Perché è un errore:
- Le domande variano da candidato a candidato, rendendo difficile una valutazione comparabile.
- Si tende a focalizzarsi su impressioni personali più che su evidenze oggettive.
- Senza uno schema condiviso, il processo diventa arbitrario e difficilmente replicabile.
4. Sottovalutare il fit culturale
Una persona può essere tecnicamente impeccabile, ma se non condivide valori o cultura dell’azienda l’inserimento rischia di fallire. Il “fit culturale” non è conformismo, ma coerenza tra identità del team e identità del candidato. Questo punto è particolarmente importante da considerare quando si valutano profili per ruoli manageriali che hanno una forte componente di gestione delle persone.
5. Decidere troppo in fretta (o troppo tardi)
Se da un lato una decisione troppo affrettata può portare a scelte poco ponderate, è più frequente che il processo di selezione vada per le lunghe, mettendo a rischio l’assunzione del candidato ideale. Un processo troppo lungo può far perdere candidati che, nel frattempo, hanno trovato altre opportunità. Prolungare il processo senza chiarezza danneggia l’immagine dell’azienda, che potrebbe sembrare poco organizzata o indecisa.
L’attesa può anche danneggiare l’esperienza del candidato, riducendo il suo interesse per l’azienda. Stabilire tempi chiari per ogni fase della selezione e comunicare regolarmente con il candidato per aggiornarlo sullo stato dell’arte possono essere attenzioni efficaci per la gestione del processo.
6. Ignorare il feedback del team
Coinvolgere chi lavorerà con la nuova risorsa aiuta a valutare anche la compatibilità operativa e relazionale. Ignorare questo input può portare a inserimenti disallineati, poco efficaci e ad insoddisfazioni future.
7. Valutare solo le competenze attuali e non il potenziale
Concentrarsi solo su ciò che un candidato sa oggi significa ignorare ciò che potrebbe diventare domani. Le competenze tecniche si aggiornano; il potenziale resta. Saperlo individuare e valutare – anche con test predittivi del comportamento – significa saper mettere in prospettiva il ruolo della persona e le sue future responsabilità.
8. Non avere in mente un percorso di sviluppo per la persona
Va da sé quindi che assumere qualcuno solo per coprire una vacancy nel qui ed ora è miope. La selezione dovrebbe già contenere una prospettiva evolutiva, sapendo anticipare i fabbisogni formativi per coltivare il talento e aumentare le possibilità di retention.
9. Trascurare l’onboarding
L’onboarding non è un momento qualunque, ma parte integrante del processo. È il primo impatto reale con la cultura aziendale, con i suoi processi e le sue dinamiche. Organizzare un onboarding strutturato, fatto di momenti di formazione con il team, condivisione di materiali e ways of working, meeting individuali con i principali interlucotori, è il miglior biglietto da visita di un’azienda che dimostra impegno nei confronti della nuova risorsa e il modo più efficace per quest’ultima di integrarsi al meglio.
10. Non preparare il team all’arrivo della nuova risorsa
Infine, inserire una persona in un ruolo chiave senza preparare il team al suo arrivo può minare fiducia e clima interno. Soprattutto se qualcuno si aspettava quella crescita.
Conclusione
La selezione del personale è un investimento strategico, non un’operazione da compiere alla cieca. Evitare questi 10 errori non solo permette di attrarre i talenti giusti, ma soprattutto di costruire team motivati e stabili nel tempo, che contribuiscono direttamente al successo dell’azienda.
Se desideri fare un passo in avanti nel migliorare i tuoi processi di selezione, ottimizzare l’onboarding o sviluppare una strategia HR che favorisca il benessere e la crescita dei tuoi dipendenti, siamo qui per aiutarti. Insieme possiamo definire soluzioni pratiche e su misura che rendano il tuo processo di selezione più efficiente, inclusivo e orientato al futuro.
Non lasciare che gli errori nella selezione ti costino caro: il successo del tuo team inizia con scelte consapevoli e basate su una visione strategica.